La certificazione Cedils in una storica intervista al Prof. Balboni

La certificazione Cedils Venezia. Intervista al Prof. Paolo Balboni.La certificazione Cedils in una rara e storica intervista del Prof. Paolo E. Balboni pubblicata sulla rivista “Culturiana” nel 2008 ed attualizzata da apposite note.

L’interessante ed attualissimo contenuto di questa conversazione con uno dei pionieri della glottodidattica in Italia offre diversi spunti per capire come e perché è nata la certificazione Cedils, la più richiesta certificazione in didattica dell’italiano L2, quale è differenza con la certificazione Ditals e quali sono gli aspetti che dal 2008 ad oggi sono cambiati o sono rimasti immutati. Il Prof. Balboni con la consueta chiarezza risponde anche a domande ancora ricorrenti, nono stante gli 8 anni di età dell’intervista, tra i candidati che si avvicinano a questa certificazione.

Rileggere ora questa intervista, alla luce della creazione della classe di concorso A023 ci fa rendere conto di quanto possa essere stato profetico e lungimirante il lavoro del Prof. Balboni e di quanto tempo invece impiega la macchina burocratica per porre in essere idee rivoluzionarie che, nate in anticipo sui tempi, finiscono per essere realizzate in ritardo e travolte dagli eventi.
Tra parentesi vengono indicate con Note del Redattore, in corsivo, le differenze intervenute dal 2008 ad oggi.
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La certificazione CEDILS di Ca’ Foscari

Conversazione con Paolo E. Balboni, Preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università Ca’ Foscari e Responsabile del Laboratorio ITALS (N.B. L’attuale Responsabile del Laboratorio ITALS è il Prof. Graziano Serragiotto N.d.R.)

Ma chi è l’“insegnante di qualità”? Cosa lo definisce, come si comporta, che ruolo ha nella formazione di chi impara l’italiano? Parte da queste domande e fornisce una risposta concreta la CEDILS, la certificazione della competenza in didattica dell’italiano come lingua straniera o lingua seconda dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’esame è aperto a cittadini italiani o stranieri con formazione universitaria nella Facoltà di Lettere, Lingue e Scienze della Formazione (N.B. Dal 2015 tutte le lauree consentono l’accesso alla certificazione Cedils NdR) ma anche a cittadini italiani non laureati che possano attestare almeno 5 anni di insegnamento dell’italiano agli stranieri nelle scuole di ogni ordine e grado. Le prove d’esame sono inviate al Laboratorio ITALS della Ca’ Foscari per la valutazione. Il Laboratorio ITALS è una struttura del Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università veneziana che si occupa di linguistica, glottodidattica, pianificazione e politica linguistica, formazione dei docenti di lingua.

Prof. Balboni, la certificazione CEDILS è la seconda certificazione per insegnanti di italiano dopo la Ditals di Siena che ha fatto in qualche modo da apripista. Quali sono le differenze significative tra le due certificazioni?

Le ho fatte tutte e due io e quindi sono sostanzialmente uguali. Quando è nata la DITALS c’è stato un accordo e quando sono venuto a Venezia l’ho ricreata. Si chiama in un altro modo per evitare problemi. Avevo proposto a Siena di spostare i due nomi ma poi alla fine non si è realizzato. L’idea che c’è dietro è comunque la stessa. Negli anni poi si sono differenziate. La DITALS ha messo al suo interno varie articolazioni mentre noi, invece, abbiamo fatto solo la FILS che è una certificazione per i facilitatori di italiano L2 nelle scuole. Avevamo anche proposto a Perugia di avere una certificazione per procedere tutti e tre, Siena, Perugia e Venezia. Era un’idea innovativa di una certificazione a punti studiata proprio per favorire l’aggiornamento. Era una certificazione che perdeva punti col tempo e che andava mantenuta attraverso corsi di formazione riconosciuti mutuamente tra le varie università così che chi aveva la certificazione a Siena poteva proseguire a Venezia o a Perugia. Sono stati fatti tentativi ma alla fine non si è mai riusciti a giungere ad una unificazione. È stato un problema interno alle università più che un problema tecnico. Ormai sappiamo dalla Comunità Europea che cosa è un insegnante di lingue. Proprio perché non siamo riusciti a convincere le altre università ad unificare il progetto abbiamo aggiunto un progetto qualità (per le scuole e per gli insegnanti) in cui diamo un accreditamento. L’accreditamento è una cosa temporanea che parte dalle esperienze di formazione e didattiche che uno ha fatto. È una fotografia dinamica, una sorta di passaporto professionale.

Oltre a Venezia dove operate?

Abbiamo due sedi stabili, ad Ancona e a Siracusa (N.B. Attualmente le sedi Cedils sono molto più numerose e ad Ancona e Siracusa non sono più tra le sedi Cedils N.d.R.). Per quanto riguarda la formazione abbiamo un approccio differente. La DITALS ad esempio fa tutta una serie di volumi che in qualche modo gli insegnanti sono invitati a consultare. Loro pensano: io ti formo e poi ti certifico. La nostra idea è diversa. Diamo due o tre libri di base di riferimento e poi non ci interessa dove ti sei formato. Facciamo pochissima formazione ad hoc. L’idea di partenza era: io non ti faccio corsi, tu studia, fai i master e tutto quello che c’è da fare e io ti certifico. Così si evita un conflitto di interessi. Noi sulla CEDILS abbiamo solo fatto un piccolo libricino per spiegare come è fatto l’esame. Facciamo due o tre giorni di refreshement, per gente che si è formata all’estero o in Italia o che ha fatto lingue o lettere e che ha bisogno di due o tre giornate di studio per uniformare gli approcci.

Perché la lingua italiana è arrivata tardi alla certificazione?

Perché la lingua italiana si riteneva una lingua di cultura e siccome la certificazione è un concetto mercantile legato alla spendibilità sociale tutti quelli che avevano l’idea dell’italiano come lingua di cultura, snob hanno condizionato le scelte. Questo ha distrutto in parte l’italiano.

La certificazione CEDILS non necessità di tirocinio. Come mai?

Per la formazione che facciamo così come per il master, il tirocinio è obbligatorio ma per la certificazione CEDILS non è necessario. Somministriamo un test dove simuliamo su un foglio la lezione alla lavagna o la costruzione di una unità didattica. Se un’insegnante è stato in classe lo supera altrimenti è chiaro che non ce la fa.

Esiste un problema di riconoscibilità istituzionale degli insegnanti di italiano. Come è la situazione?

Io sono l’unico glottodidatta dell’Osservatorio Nazionale per l’Integrazione degli Immigrati e sono quello che si dovrebbe occupare della didattica dell’italiano. Siamo riusciti a convincere l’allora Ministro Mussi che occorreva fare un’abilitazione per gli insegnanti di italiano L2 da parte dell’allora Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica. Una volta attivato questo corso ho scoperto che il Ministero dell’Università non aveva detto nulla a quello dell’Istruzione.
Ora i due ministeri si sono unificati ma che io sappia non c’è ancora una SISS per l’italiano L2 (N.B. Nonostante la creazione di una classe di concorso per l’insegnamento dell’italiano L2 nella scuola pubblica non esiste, ad oggi, un percorso abilitativo specifico per il quale si attende il prossimo ciclo TFA. N.d.R.). Semplicemente i ministeri non hanno comunicato tra loro.

In un articolo sulla rivista IN it lei parla di una originalità della glottodidattica italiana. A cosa si riferisce e in che modo la glottodidattica dell’italiano può dare un contributi alla certificazione?

L’idea di una originalità della glottodidattica italiana è stata elaborata in Italia negli anni ’70 e si basa su un concetto che l’educazione linguistica è un blocco unitario e che quindi non si possono insegnare le lingue separatamente perché potrebbe essere dannoso. Questa è una straordinaria originalità propria della tradizione italiana. Una seconda caratteristica dell’italiano è che mentre in molti altri paesi c’è stata una accentuazione sul sapere fare della lingua (come in inglese in cui non importa se tu metti una “s” oppure no), oppure c’è stato un accanimento formalistico come nel caso del francese, gli italiani sono riusciti a fare una sintesi tra il saper fare con la lingua e l’accuratezza formale facendo una cosa interessante, cioè prendendo la lingua reale come modello. Ormai il passato remoto e il futuro stanno sparendo così come il congiuntivo. L’italiano non è basato su una lingua alta ma sua una lingua viva, corretta ma senza purismo.

Come definirebbe un insegnante di qualità?

L’insegnante di qualità è un concetto dell’Unione Europea ed è una figura che ha competenze disciplinari, metodologiche, pedagogiche e capacità organizzative. Secondo il modello dell’Unione Europea è un insegnante che deve essere in grado di interagire con altre scuole internazionali.

Che cos’è ITALS Qualità in cui ricorre spesso il termine eccellenza?

Nella nostra concezione eccellente è un insegnante che rispetto all’insegnante di qualità è in grado di contagiare l’ambiente in cui vive. Con la sua presenza e le sue competenze spinge i colleghi ad andare avanti. Nelle scuole c’è una grande quantità di insegnanti eccellenti ma spesso sono schiacciati dai presidi.

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